Achiviazione per un luogotenente per i reati di ingiurie e minaccia
Il Fatto
Il cliente, che chiameremo Signor X è un luogotenente della Caserma dei Carabinieri.
Due sottoposti della sua sezione decidono di partecipare ad un corso di formazione assentandosi dal lavoro senza dargli alcuna comunicazione.
Alla richiesta di spiegazioni da parte di quest’ultimo, gli animi si scaldano e i due subalterni arrivano quasi alle mani.
A seguito dell’episodio decidono di sporgere querela. Il Signor X risulta così indagato per ingiurie e minaccia aggravata ( secondo la previsione dell’art. 196 n.2 del codice penale militare, la minaccia è aggravata quando rivolta ad un inferiore).
La querela arriva fino all’udienza preliminare, sebbene con una richiesta di tenuità del fatto, proposta dal PM.
La strategia Difensiva
Il Signor X chiede un appuntamento all’avvocato Matteo De Luca approfittando della convenzione stipulata con Unarma, il sindacato dei Carabinieri.
E’ un militare dalla specchiata reputazione, sempre irreprensibile dopo anni di servizio, profondamente ferito dall’atteggiamento di coalizione che si era creato contro di lui in caserma e legittimamente preoccupato per i possibili risvolti di un procedimento penale nella sua vita professionale e familiare : possibilità di trasferimento, blocco degli avanzamenti di carriera e premi, lesione dell’immagine.
Dal colloquio emerge subito che si trattava di una persona credibile, che era stato palesemente provocato da due giovani subalterni focosi, che volevano estrometterlo dai possibili benefici del corso di formazione.
La strategia difensiva elaborata dall’avvocato è stata quella della redazione di una minuziosa memoria difensiva che aveva lo scopo di argomentare sulla dinamica del fatto e sulle provocazioni subite, mettendo in evidenza anche in relazione alla personalità dell’indagato e al comportamento disciplinato sempre tenuto in caserma, che si era trattato di una reazione di difesa e non certamente della volontà di arrecare danno intenzionalmente. La memoria, in ultima analisi indagava in modo approfondito l’elemento soggettivo del dolo, assolutamente mancante.
Il caso è Risolto
La precisione utilizzata nello spiegare il profilo soggettivo dell’indagato ha sortito l’effetto voluto: illuminare il giudice delle indagini preliminari sulla reale dinamica in un’ottica di collaborazione, per far venire a galla la verità dei fatti e impedire il rinvio a giudizio di un caso che non aveva minimamente le caratteristiche dolose del reato prospettato.
L’udienza preliminare si è chiusa con una ordinanza di archiviazione che non ha reso possibile il continuo dell’azione civile a titolo di risarcimento del danno e ha impedito lunghi anni di battaglie legali, esborsi economici, stress e danni all’immagine per un reato che in realtà, non era stato mai consumato.